Altro che grande Salento. Atro che grande Capitanata. Altro che grande area metropolitana di Bari. A conti fatti, in Puglia, tutti (o quasi) i provvedimenti contenuti nel decreto appena varato dal governo in materia di riordino delle Province producono solo un grande malcontento. E non solo nella pressoché neonata Bat. In subbuglio è soprattutto il Salento. O meglio quella vasta area che attualmente comprende le province di Brindisi, Lecce e Taranto.
E sì, perché se è vero che si salverebbe (di sicuro o quasi) l’ente Provincia di Lecce, se è vero che potrebbe essere persino indolore un accorpamento dei territori provinciali di Brindisi e Taranto, se è vero che l’area metropolitana di Bari può diventare un’opportunità non solo per il capoluogo regionale, ma a leggere attentamente il decreto, vien fuori che nulla è definito. E che, soprattutto, c’è il rischio che, a prescindere dall’assetto territoriale, si svuoterebbe il senso stesso delle Province, enti, peraltro da più parti e da tempo ritenuti «inutili» o comunque «da sopprimere».
E così, se il più preoccupato è senza dubbio Massimo Ferrarese (area Udc, a capo di una giunta di centro-sinistra), il quale paventa «il rischio che si possa persino smembrare la Provincia di Brindisi», il più contrariato è Gianni Florido (Pd), che dal 2007 siede anche nella presidenza nazionale dell’Upi (Unione province italiane). Dice il presidente della Provincia di Taranto: «Io sono disgustato. Stiamo facendo una finzione scenica. E purtroppo l’Italia non se la può permettere una finzione scenica. Bisogna dire parole di verità. Secondo me, hanno combinato un casino. Hanno combinato un ibrido istituzionale terrificante».
Florido, come peraltro il presidente della Provincia di Lecce, il fittiano Antonio Gabellone (Pdl), se la prende soprattutto con il fatto che, dal prossimo giro, i consiglieri provinciali e i presidenti degli enti Provincia saranno nominati e quindi scelti dai consiglieri comunali e non eletti direttamente dai cittadini. Ma ancor di più il presidente Provincia jonica punta il dito sulla carenza di risorse. «Tenga conto - osserva - che vengono tolti al sistema delle Province 2.500 milioni di euro: 500 quest’ anno, mille e mille nel 2013 e 2014. Tutto questo provocherà il default di tutte le Province italiane. Questa è la verità che facciamo finta di non capire. Non se ne salverà nessuna. E allora chiudetele. È meglio chiuderle e dire: lascio una circoscrizione amministrativa, ci metto dentro dei dirigenti. Meglio chiudere che mantenere in piedi una struttura che non ha né poteri né autonomia di decisione e soprattutto le risorse».
Ma in queste ore, a dire il vero, più che di risorse e di competenze, in Puglia, in lungo e in largo (e persino nella vicina Matera), si parla soprattutto di assetti territoriali, di quale sarà ad esempio il destino di Comuni come Fasano o Martina Franca o ancora di Altamura o di Corato o di Molfetta o, perché no, di Barletta, Andria e Trani. Per non parlare del vasto movimento scissionista che da anni si va sviluppando nel subappennino dauno, con tanti piccoli e grandi centri che, in polemica con la Regione Puglia, vorrebbero persino essere annessi al Molise.
Ma rimaniamo nel sud della Puglia, dove, come si diceva, il più preoccupato è il presidente della Provincia di Brindisi, Massimo Ferrarese, il quale, in queste ore, registra almeno due fatti: mentre a Fasano c’è chi rispolvera il mai abbandonato progetto di far parte del territorio «Barese» (per questo obiettivo è stato già annunciato un referendum, la cui fattibilità, come ammette il sindaco pidiellino Pasquale Di Bari è però tutta da accertare), ci sono comuni della fascia più meridionale, a cominciare da Mesagne (che poi è la città in cui Ferrarese è nato) che, piuttosto che essere annessi alla Provincia di Taranto, preferirebbero far parte della Provincia di Lecce.
«Questo - dice Ferrarese - vuol dire ammazzare una Provincia. Non era quello l’obiettivo. Quando noi abbiamo accettato obtorto collo l’ipotesi di accorpamento, lo abbiamo fatto cercando di conservare la Provincia e di allargarla a quella di Taranto. Ma questo è uno smembramento. E io sono contrario. I cittadini della mia provincia vedo che sono contrari. Poi decidessero in Parlamento, ma io continuerò ad essere contrario sino all’ultimo giorno. E auspico che i parlamentari del territorio facciano qualcosa, che si oppongano a questo scempio».
Ma che cosa accadrebbe se, per ipotesi, solo per ipotesi, si determinassero le condizioni per un allargamento della Provincia di Lecce, piuttosto che per un accorpamento delle province di Brindisi e Taranto? A Lecce credono davvero in questa Provincia del «Grande Salento», che potrebbe fare da apripista alla «Regione Salento», di cui, a dir il vero, pressoché isolato, continua a parlare Paolo Pagliaro? «Non esiste», è la risposta secca di Antonio Gabellone. «In Puglia - osserva - la nuova geografia dovrebbe prevedere l’area metropolitana di Bari, la Provincia di Foggia, la Provincia di Lecce e la Provincia di Taranto-Brindisi. Questo è ciò che sembra venir fuori. Adesso non sono in condizioni di poter dire: è certamente così. Ma mi pare che sia questo. E adesso bisogna vedere come regolamentare la costituzione di questa nuova Provincia».
E che sia ormai questo il punto su cui si stanno concentrando le attenzioni un po’ di tutti lo conferma anche Franco Ancona, sindaco di Martina Franca, città che da sempre mal sopporta la convivenza con Taranto. Ancona, nella nascita di questa nuova Provincia allargata, intravvede un’inedita «opportunità».
Sia chiaro, per i martinesi non è il massimo. «Noi - ricorda Ancona - avremmo preferito una grande area murgiana». Ma, in fondo, «la Provincia dei due mari si può fare». Ad una condizione però: che sia «l’occasione per tenere insieme i Comuni della Valle d’Itria». Sì, perché «la ferita storica di questo territorio è che si trova a cavallo di tre province. Se si riuscisse a cogliere questa opportunità, quella di mettere insieme i comuni della Valle d’Itria, ovunque essi fossero, sarebbe un successo». Ed è per questo che Ancona spera in una soluzione che non si limiti ad un semplice accorpamento delle province di Taranto e Brindisi.
«Sì, perché - spiega - in questo processo entrebbe Cisternino, ma non Locorotondo, entrerebbe Ostuni con cui abbiamo anche concertato delle azioni e con cui condividiamo degli obiettivi di territorio ma non entrerebbe Alberobello». E allora - conclude - «un disegno che vedesse accorpata tutta questa macro-area e che tuttavia abbia dei riferimenti anche nei due mari, non sarebbe male».
Ma questo, come tanti altri in embrione in queste ore in numerose località della Puglia e della Basilicata, è un processo tutto da costruire.
















