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Lo spettro Nord Africa per fragole e angurie di Basilicata e Salento

Lo spettro Nord Africa per fragole e angurie di Basilicata e Salento

 
Lo spettro Nord Africa per fragole e angurie di Basilicata e Salento

Giovedì 19 Aprile 2012, 08:47

03 Febbraio 2016, 00:49

di BIAGIO VALERIO
Fragole e angurie, è profondo rosso. Allarme agricoltura, dal Metapontino al Basso Salento, con gli osservatori del comparto agricolo che registrano dati allarmanti sui prodotti di punta dell’agricoltura lucana e pugliese. In entrambi i casi, oltre a problemi strutturali legati ai trasporti e alla crisi generale si manifesta lo spettro della «conversione» di alcuni produttori, da agricoltori a commercianti, con gli occhi sull'Eldorado dei mercati nordafricani, Egitto e Tunisia in particolare, dove le condizioni atmosferiche favorevoli consentono di ottenere le primizie con quasi un mese d’anticipo. 

Dalla sede della Cia (Confederazione italiana agricoltori) di Scanzano Jonico, la relazione è preoccupante: calo produttivo tra il 25-30 per cento e decine di quintali di fragole distrutte perché «deformate» a causa degli sbalzi climatici delle ultime settimane; poi la concorrenza spietata dal Nord Africa con fragole, enormi, vendute all’ingrosso sui mercati italiani ad un terzo del prezzo della «Candonga» lucana. 

Antonio Stasi, presidente della Cia di Scanzano fa i conti in tasca ai produttori del Metapontino. «Per un ettaro di fragole bisogna investire tra i 60 e i 65mila euro; solo per trasporto ed imballaggio il costo è di 70-80 centesimi al chilo; la manodopera oltre alle tariffe provinciali dei lavoratori agricoli da noi incide per altri 10 euro a lavoratore proveniente da Puglia e Calabria per trasporto. Se dunque si producono meno di 400 quintali ad ettaro e non si riescono a vendere ad almeno 2 euro al chilo - sottolinea Stasi - ci rimettiamo».

La fragola Candonga è un «marchio identitario» per la Basilicata con 60 milioni di piantine vendute (pari a circa mille ettari e una produzione stimata di 40mila tonnellate), la Candonga è la prima varietà utilizzata dai produttori di fragola del Sud Italia e nella piana di Metaponto viene impiegata nell’80 per cento degli impianti su una superficie di 600 ettari, per 60-70 milioni di euro di fatturato. «Non si deve mollare la lotta all’agropirateria – conclude la Cia – perché i mercati sono invasi di fragole del Nord Africa e della Spagna spacciate per fragole del Metapontino».
Stasi insiste sui costi: «Ci aspettiamo la “mazzata” dell’Imu perché estimi e rendite catastali nel Metapontino hanno i valori più alti di tutte le aree agricole della regione. La Cia chiede una revisione all’Agenzia del Territorio-Ufficio Catasto che tenga conto delle crisi ricorrenti di produzione e di mercato».

Altra storia quella del comprensorio di Nardò, capitale dell’anguria da almeno vent'anni a questa parte. La Coldiretti registra l’indizio: un calo del 55 per cento nelle ordinazioni di piantine, concimi, fitofarmaci e teli in plastica per serre e tunnel. Significa che dopo la crisi internazionale del prodotto dell’anno scorso (e la psicosi per il batterio dell’Escherichia coli che ha funestato i mercati centro- europei) i piccoli e medi produttori, quelli che non coltivano più di dieci ettari a testa, si sono ritirati o hanno diversificato le produzioni. La stima è di circa 400 ettari in meno di campi coltivati ad anguria. 
Preoccupato il commento di Beneddo De Serio, direttore di Coldiretti Lecce: «Difficile la situazione finanziaria della maggior parte delle imprese che hanno dovuto abbandonare in campo, la scorsa estate, tonnellate di angurie. Molte le richieste di rinnovo delle obbligazioni - fidi bancari, prestiti - per far fronte sia alle esigenze della nuova campagna che normalmente prevede la semina nel mese di marzo ma che quest’anno ha avuto una vistosa battuta d’arresto, sia per la realizzazione di coltivazioni alternative che diano maggiori prospettive di reddito». 

Intanto ci sono altri problemi: i primi extracomunitari addetti alla raccolta sono già nel territorio di Nardò (ne sono attesi circa ottocento) e, per ora, trovano alloggi provvisori in attesa della «stagione» che non si sa se arriverà. Poi, anche qui, lo spettro dell’importazione del prodotto dai campi nordafricani, dove le angurie saranno pronte più o meno un mese prima di quelle salentine. Se arrivano sui mercati italiani in grandi quantità sarà la fine per la «capitale» delle angurie.
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