BARI - C’è una tassa rifiuti occulta che i cittadini pugliesi pagano nelle bollette dell’acqua. Sono i 32 milioni di euro spesi ogni anno per lo smaltimento delle 210mila tonnellate di fanghi prodotte ogni anno dagli impianti di depurazione delle acque reflue. Rifiuti che devono essere avviati al recupero (servono per produrre compost). Ma siccome in Puglia non ci sono impianti, il 90% dei fanghi finisce fuori regione (prevalentemente in Lombardia, Emilia e Sicilia), con ulteriori costi di trasporto stimati in 6 milioni di euro l’anno.
È una situazione che Acquedotto Pugliese è costretta a subire, da sempre. Ma gli appalti per la gestione di questo servizio procedono con grande fatica, fin da quando (2018) la società fu costretta ad annullare una procedura dove, su tre lotti, erano state presentate tre offerte identiche da altrettante aziende.
L’aggiudicazione dell’appalto successivo (2020) fu annullata dal Tar di Bari perché una società intermediaria, la Emmegi Ecologia di Bari, aveva dichiarato falsamente di possedere la disponibilità di due impianti di smaltimento in Sardegna. Nel novembre 2021 Aqp ha lanciato un nuovo bando, un accordo quadro biennale da 61 milioni che dopo un anno e mezzo non è ancora stato aggiudicato in via definitiva. Stavolta i ricorsi sono sei.
A maggio dello scorso anno l’Acquedotto, dopo che il Tar era già intervenuto una prima volta per riammettere due concorrenti esclusi, ha pubblicato una graduatoria provvisoria che ha innescato altri due ricorsi. In attesa della decisione dei giudici amministrativi, Aqp ha stavolta deciso di fare verifiche in proprio. Ed è emerso che la Emmegi, lo stesso intermediario escluso la volta prima per una falsa dichiarazione sugli impianti, aveva dichiarato la disponibilità di un impianto in Emilia Romagna che però non è ancora operativo. Nello scorso settembre la società barese è stata dunque esclusa, ed ha fatto ricorso presentando motivi aggiunti all’interno del ricorso di un altro operatore, Spagnuolo Ecologia, che nel frattempo era stato riammesso. La scorsa settimana il Tar Bari ha dichiarato improcedibile il ricorso di Spagnuolo, ma senza pronunciarsi sull’incidentale di Emmegi che quasi certamente farà appello, anche perché Aqp ha disposto l’escussione della cauzione.
È invece in decisione il ricorso presentato da un altro intermediario, la Ivra di Margherita di Savoia, quella che aveva sollevato il problema dell’impianto di Emmegi (l’intermediario barese, detto per inciso, negli anni precedenti ha ottenuto decine di affidamenti diretti sia per il trasporto che per lo smaltimento).
Aqp non ha dunque sottoscritto i contratti, ma sta già affidando lo smaltimento alle società risultate ammesse in base all’ultima graduatoria. L’accordo quadro è del 10-15% più economico rispetto ai costi precedenti (i concorrenti hanno offerto ribassi dal 20 al 25% rispetto alla base d’asta di 145 euro a tonnellata, con la gara precedente si era arrivati a 123). Ma in questa cifra non è compreso il costo di trasporto, servizio che continua ad essere affidato a trattativa privata urgente (circa 100mila euro al mese per ciascuna provincia pugliese) perché la relativa gara non è ancora terminata.
Nel 2009 (quando per circa 75mila tonnellate di fanghi si spendevano 4 milioni l’anno) Aqp comprò l’impianto Aseco di Ginosa proprio per trattare in casa i fanghi di depurazione e produrre compost da vendere sul mercato. È finita come sappiamo (l’impianto è stato sequestrato per gravi irregolarità ambientali). Nel frattempo le Province (tranne Bari, in quantità limitatissime) hanno bloccato le autorizzazioni per lo spandimento dei fanghi, e la Regione ha bocciato tutti i progetti di impianti per il trattamento attraverso termovalorizzazione. E così la bolletta dell’acqua si trasforma, sempre di più, nella bolletta dei rifiuti.
















