I fatti risalgono al luglio del 2006, quando un correntista di Muro Leccese, staccò un assegno per poi apprendere qualche giorno dopo, che quel titolo era stato protestato per mancanza di fondi. Così fu costretto non solo a versare i 2.900 euro, ma ad aggiungervene altri 367 per le spese del protesto. Il fatto è che sul conto corrente del malcapitato erano depositati quasi 23mila euro. La questione fu segnalata alle Poste con una raccomandata in cui si chiedeva risarcimento del danno (3.267 euro), sospensione del protesto o la non pubblicazione qualora la procedura fosse stata già definita.
Una richiesta cui Poste Italiane aderì parzialmente con lettera di scuse e restituzione della somma. Dopo circa un mese il correntista fu invitato all’ufficio di Muro per consegnare l’assegno protestato. A Roma avrebbero così potuto annullare il protesto. Invece dalla Prefettura arrivò la contestazione per emissione di assegni non coperti. A quel punto il ricorso alla magistratura.
Nella sentenza ora pubblicata, non si dà credito alle argomentazioni di Poste Italiane che, riconosciuto il danno patrimoniale, addebitano «l'inconveniente» ad un disguido informatico e ritengono di non dover nulla riguardo al pregiudizio recato all’immagine. Non è dello stesso parere l’avvocato Angelo Rizzo che ha condannato le Poste al pagamento degli interessi sul danno patrimoniale (397 euro), di 10mila euro per danno esistenziale, di 4178 euro per spese processuali, diritti e onorari, il tutto per 14.575 euro più interessi, oltre alla restituzione dell’assegno postale protestato. Per il Codacons di Lecce, si tratta di un caso «grave ed eclatante».
















