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A Bari rete Isis per sostenere combattenti

 
Franco Giuliano

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Franco Giuliano

Martedì 10 Maggio 2016, 20:30

(di Roberto Buonavoglia)
BARI - Bari come centro di gestione dell’immigrazione clandestina per finanziare il terrorismo o, peggio, per consentire a combattenti del fondamentalismo islamico di entrare in Europa. Bari come centrale pugliese dei documenti falsi da consegnare a presunti terroristi internazionali, ma anche come luogo in cui viene offerto supporto logistico ai foreign fighter.

C'è questo nelle diverse indagini, tuttora in corso, della Dda di Bari sull'attività di oltre una ventina di presunti terroristi islamici sospettati di far parte dell’Isis e di Al Qaida. Negli atti, soprattutto in quelli resi noti con i fermi di oggi, non mancano riferimenti più o meno espliciti ad attentati da compiere anche nel porto e nell’aeroporto di Bari, punto di passaggio dei presunti terroristi che si muovono liberamente su aerei di linea in tutta Europa contando su importanti disponibilità economiche di cui non si conosce la provenienza.

Una di queste inchieste è stata già valutata dai giudici della Corte d’assise di appello di Bari che hanno stabilito che ad Andria, a circa 50 chilometri dal capoluogo pugliese, c'era la base logistica di un gruppo di aspiranti jihadisti. I giudici, nei mesi scorsi, hanno confermato le condanne per cinque tunisini per associazione sovversiva finalizzata al terrorismo internazionale di matrice islamica.

Le pene inflitte sono a 5 anni e 2 mesi di reclusione per l’ex imam di Andria Hosni Hachemi Ben Hassem; 3 anni e 4 mesi per Hammami Mohsen, Ifauoi Nour, Khairredine Romdhane Ben Chedli, e 2 anni e 8 mesi per Chamari Hamdi. «Le reti di estrazione estremistica islamica - è scritto in sentenza - avevano costituito sul territorio delle strutture di sostegno che avevano principalmente il compito di procurare falsi documenti di identità validi per tutta l’area Shengen, di fornire materiale di interesse logistico, di reperire fondi e di fornire aiuto ai 'fratellì ricercati dalle varie autorità giudiziarie».

Un’altra indagine, nel marzo scorso, ha portato all’arresto di tre persone, un iracheno e due britannici, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e possesso di documenti falsi. I tre, però, sono indagati a piede libero per terrorismo nell’ambito di un’indagine sul supporto logistico ai foreign fighter e sul confezionamento di documenti falsi. A confermare che a Bari ci sia una sorta di centrale di documenti di identità artefatti sarebbe stato proprio il 38enne iracheno Ridha Shwan Jalal, arrestato nel capoluogo pugliese il 14 marzo perché trovato in possesso di un falso passaporto della Repubblica Ceca. Nel dicembre 2015 finì in carcere, sempre a Bari, Jihad Majid Muhamad, iracheno già condannato a Milano per fatti di terrorismo. Muhamad è accusato di aver favorito l'immigrazione clandestina, ma su di lui sono in corso verifiche in un fascicolo sul terrorismo islamico.

La prima indagine che svelò l’esistenza di una cellula di presunti terroristi a Bari risale al maggio 2009 quando furono arrestati l’ex imam-sceicco di Bruxelles Bassam Ayachi e l'ingegnere francese Raphael Gendron (morto nell’aprile 2013 durante scontri in Siria). I due, condannati ad otto anni in primo grado, sono stati assolti nel processo d’appello bis. I giudici hanno stabilito che gli imputati non erano terroristi e non erano i responsabili della rete di propaganda mediatica e spirituale di Al Qaida in Europa. Infine al vaglio degli investigatori anche la presenza a Bari di Salah Abdeslam, uno dei terroristi della strage di Parigi: passò dal capoluogo pugliese nell’agosto del 2015 e dal porto si imbarcò per la Grecia. 

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