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«Non ti assumo, sei brutta e grassa»

«Non ti assumo, sei brutta e grassa»

 

Mercoledì 27 Dicembre 2006, 18:06

02 Febbraio 2016, 19:33

CAGLIARI - Ha deciso di adire le vie legali Erika Tascedda, la cameriera sarda licenziata dal pub di un albergo in Trentino perché troppo brutta e troppo grassa.
Stamane la donna, accompagnata da Monia Conciatori, responsabile ogliastrina del Confsal (Confederazione generale dei sindacati autonomi dei lavoratori) si è recata presso la stazione dei Carabinieri di Tortolì dove ha presentato una querela per discriminazione contro la proprietaria del locale che l'aveva assunta il 21 dicembre scorso, salvo poi troncare immediatamente il rapporto di lavoro per presunti «motivi estetici».
Erika, che ha 31 anni ed è originaria di Barisardo, in Ogliastra, c'è rimasta malissimo e ha ribadito quanto aveva già dichiarato al «Trentino» e alla «Nuova Sardegna».
«E' vero che sono alta un metro e 55 cm e che peso 75 chili - ha spiegato - ma questo la padrona del pub lo sapeva anche prima di chiamarmi, perché io stessa glie l'avevo detto. Invece il 21 dicembre, quando mi ha chiamato per il colloquio, la signora mi ha detto chiaramente che non io non potevo più lavorare lì, perché ero troppo brutta e grassa, cosa che avrebbe allontanato i clienti. Ho fatto un viaggio per niente, mi ritrovo sulla strada e mi sento malissimo».
«E' vero, la padrona dell'hotel trentino mi aveva poi offerto un altro lavoro, ma non l'ho accettato perché mi aveva offeso».
La giovane ha lanciato un appello al presidente della Regione sarda, Renato Soru, invitandolo a «difendere i diritti e la dignità di tutti i sardi». È anche decisa ad andare avanti nella sua battaglia. «Ciò che chiedo - ha detto - non è vendetta ma solo giustizia. Non è giusto essere discriminati perché non si è belli. Avrei capito se mi avessero licenziato perché non ero brava a lavorare, non certo per il mio aspetto fisico, che non dovrebbe interessare a nessuno. Mi batterò fino in fondo - ha concluso Erika - perché anche altre persone, che si trovano nelle mie condizioni, non abbiano a subire odiose discriminazioni, indegne di una società civile».
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