
«Purtroppo - ha spiegato Mondello - è un'atmosfera che la politica, anzichè dissipare, tende talvolta ad alimentare.
L'imprenditore è facilmente dipinto come una persona pronta a prendere e non a dare. Ma noi tutti sappiamo che non è vero perchè il benessere nasce dal mercato».
In Italia, ha aggiunto nella sua analisi il Presidente di Unioncamere, il settore privato genera l'85% dell'occupazione e l'87% del valore aggiunto del Paese. La vitalità imprenditoriale è dunque un patrimonio che va riconosciuto, salvaguardato e promosso sostenendo gli imprenditori che accettano la sfida del mercato e creano occupazione, reddito e sviluppo. Se continuiamo a rendere le imprese oggetto di vincoli, ostacoli e vessazioni non facciamo l'interesse dell'Italia». Da qui la ricetta e l'invito alla politica a mettere al centro l'impresa.
«Occorre che il fare impresa torni al centro dell'attenzione e di un dibattito politico, economico e mediatico complessivo. Perchè il problema della perdita di competitività non è esclusiva di alcuni territori. Aprire un'impresa e farla crescere è difficile al Nord come al Sud».
«L'eccessiva fiscalità, ha continuato Mondello, la mancanza infrastrutture adeguate, l'eccesso di burocrazia: sono tutte limitazioni alla libera espressione del fare impresa.
Eliminarle deve essere un obiettivo prioritario delle istituzioni». Le prospettive economiche pur in questo quadro di opacità però sembrano lasciar intravedere uno spiraglio positivo per il futuro.
«Nel 2006 - secondo Mondello - abbiamo finalmente potuto registrare i primi tenui segnali di ripresa, seppure meno consistenti rispetto agli altri Paesi europei, come dimostra il fatto che l'Italia continua a crescere ad un ritmo più lento dell'Europa. Secondo gli scenari di crescita di Unioncamere difatti, il PIL dovrebbe attestarsi a fine anno a +1,7%. L'area Euro crescerà del 2,6%. Nel 2007 cresceremo solo dell'1,4%, soprattutto per le difficoltà dell'economia tedesca e l'area Euro crescerà del 2,1%. Nel 2007 - ha aggiunto Mondello - il clima generale dovrebbe comunque mantenersi positivo. Lo confermano sia le nostre previsioni sulle economie locali, sia le prime anticipazioni dell'indagine sulle aspettative delle imprese in Europa che conduciamo con Eurochambres. Tra i grandi paesi dell'UE gli imprenditori italiani sono i più fiduciosi nelle prospettive del 2007 dopo gli inglesi e prima di francesi, spagnoli e tedeschi».
Dunque - è l'avvertimento di Unioncamere - a Governo e forze politiche, il momento di trasformare questi segnali in un processo di crescita solido e duraturo. Impegnandoci a svolgere ciascuno, fino in fondo, il proprio dovere. Dal Governo, alle istituzioni locali, alle organizzazioni della rappresentanza, alle Camere di commerciò.
La ricetta per competere è dunque aiutare in modo adeguato la retè di piccole medie imprese a stare sul mercato, poichè oggi il 98% delle imprese ha meno di 3 addetti. E stare sul mercato con dimensioni così ridotte è difficile; starci da soli ed avere successo è quasi impossibile.
«Le imprese più competitive - ha continuato il Presidente di Unioncamere - ci stanno indicando la strada. Sono le medie imprese, vera forza trainante della nostra economia grazie alla capacità di operare in rete e governare relazioni complesse. Grazie, soprattutto, ad una dimensione idonea per affrontare con successo i mercati internazionali. Questo grande sforzo di modernizzazione del sistema imprenditoriale va opportunamente sostenuto incoraggiando le aggregazioni e le fusioni tra impresè. In questo quadro il ruolo delle Camere di commercio è centrale, poichè 'la missione è quella di accrescere la competitività dei territori, attraverso la realizzazione di infrastrutture materiali e immateriali.
Creare le condizioni affinchè i meriti e i valori di chi fa impresa vengano riconosciuti dalla società investendo in progetti strategici per la crescita delle imprese e dei sistemi economici locali. Nell'innovazione, nel turismo, nella cultura d'impresa. Il modello al quale si ispirano le Camere considera l'alleanza tra Stato e mercato come la pietra angolare dello sviluppo. Un'alleanza in cui lo Stato agisce per il mercato e per lo sviluppo, intervenendo insieme ai privati e moltiplicando così il suo investimentò. In questo modo, ha concluso Mondello, si attiva un circuito virtuoso di investimenti su progetti che, in caso contrario, i privati da soli non riuscirebbero a realizzare. E' questo intervento, di stampo neokeynesiano, a qualificare le Camere come motori dello sviluppo.