«Tra i ragazzini in età scolare così bassa, fino ai 13 anni - spiega - non è un fenomeno diffuso. Può comunque succedere, soprattutto dove i contesti sono problematici. Occorre però capire che la scoperta di tali fenomeni è una spia che indica che qualcosa non va nel sociale. Il ragazzo non va colpevolizzato, non è come un adulto che sa decidere come comportarsi. I ragazzi devono essere allertati sui rischi, perché non hanno difese, non sono sufficientemente preparati. Ovviamente, poi, l’attenzione dei docenti e dei collaboratori scolastici deve essere massima. Certo - aggiunge - di questi fenomeni devono occuparsi soprattutto le istituzioni come il tribunale dei minori e i servizi sociali del comune, che possono rintracciare le situazioni a rischio. Chi ha un mandato educativo deve comunque continuare nell’opera di sensibilizzazione. Per esempio, attraverso incontri con le forze dell’ordine, che servono a far capire ai ragazzi che le istituzioni esistono e che il loro intervento non si può eludere». [p.t.]
Domenica 23 Febbraio 2014, 09:55
03 Febbraio 2016, 04:30
Abbiamo chiesto il parere della professoressa Marcella Rizzo, dirigente scolastico dell’istituto comprensivo «Galateo-Frigole» di Lecce.
«Tra i ragazzini in età scolare così bassa, fino ai 13 anni - spiega - non è un fenomeno diffuso. Può comunque succedere, soprattutto dove i contesti sono problematici. Occorre però capire che la scoperta di tali fenomeni è una spia che indica che qualcosa non va nel sociale. Il ragazzo non va colpevolizzato, non è come un adulto che sa decidere come comportarsi. I ragazzi devono essere allertati sui rischi, perché non hanno difese, non sono sufficientemente preparati. Ovviamente, poi, l’attenzione dei docenti e dei collaboratori scolastici deve essere massima. Certo - aggiunge - di questi fenomeni devono occuparsi soprattutto le istituzioni come il tribunale dei minori e i servizi sociali del comune, che possono rintracciare le situazioni a rischio. Chi ha un mandato educativo deve comunque continuare nell’opera di sensibilizzazione. Per esempio, attraverso incontri con le forze dell’ordine, che servono a far capire ai ragazzi che le istituzioni esistono e che il loro intervento non si può eludere». [p.t.]
«Tra i ragazzini in età scolare così bassa, fino ai 13 anni - spiega - non è un fenomeno diffuso. Può comunque succedere, soprattutto dove i contesti sono problematici. Occorre però capire che la scoperta di tali fenomeni è una spia che indica che qualcosa non va nel sociale. Il ragazzo non va colpevolizzato, non è come un adulto che sa decidere come comportarsi. I ragazzi devono essere allertati sui rischi, perché non hanno difese, non sono sufficientemente preparati. Ovviamente, poi, l’attenzione dei docenti e dei collaboratori scolastici deve essere massima. Certo - aggiunge - di questi fenomeni devono occuparsi soprattutto le istituzioni come il tribunale dei minori e i servizi sociali del comune, che possono rintracciare le situazioni a rischio. Chi ha un mandato educativo deve comunque continuare nell’opera di sensibilizzazione. Per esempio, attraverso incontri con le forze dell’ordine, che servono a far capire ai ragazzi che le istituzioni esistono e che il loro intervento non si può eludere». [p.t.]
















