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Peacelink: dati inattendibili

 

Sabato 04 Gennaio 2014, 19:04

03 Febbraio 2016, 04:12

TARANTO – I dati sulle cokerie dell’Ilva sono inattendibili e i valori consultabili sul sito dell’Arpa Puglia sarebbero in quale modo fuorvianti perchè la concentrazione di Ipa (Idrocarburi policiclici aromatici) dentro lo stabilimento risulta addirittura inferiore a quella rilevata nel vicino quartiere Tamburi. In sintesi, è quanto afferma il presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti, replicando a recenti dichiarazioni del direttore di Arpa Puglia Giorgio Assennato, che aveva definito «puramente descrittivi» e comunque «non allarmanti» i dati sugli Ipa emersi dalle misurazioni degli Ipa effettuate dall’associazione ambientalista con stumentazione simile a quella in dotazione ad Ilva e alla stessa Agenzia regionale di protezione ambientale.

«Il fatto che la centralina che monitora le cokerie - osserva Marescotti – sia sottoposta a trattamento intensivo di tipo protettivo, come affermato dal direttore di Arpa Puglia, spiegherebbe i valori non elevati di Ipa misurati dentro l’Ilva. Ci piacerebbe che anche la città di Taranto venisse sottoposta ad un 'trattamento intensivo protettivò che consenta a far scendere l’inquinamento». All’interno del Siderurgico sono stati rilevati livelli di Ipa nelle Cokerie e nei parchi minerali oscillanti tra i 3,7 e i 7,9 nanogrammi per metro cubo. «Tutto questo è avvenuto mentre l’Arpa – aggiunge il presidente dell’associazione ambientalista – misurava una media di Ipa in concentrazione molto più elevata nel quartiere Tamburi a ridosso del quale sorge l’Ilva: 30,8 nanogrammi a metro cubo ad agosto 2013; 34,4 nanogrammi a metro cubo a novembre 2013 (dopo aver sospeso la validazione dei dati a settembre e ottobre); 43,9 nanogrammi a metro cubo a dicembre 2013».

L'ultima misurazione nel quartiere Tamburi, effettuata da Arpa nel quartiere Tamburi il 2 gennaio scorso «vede schizzare gli Ipa – fa notare Marescotti – a 78,3 nanogrammi a metro cubo, ossia a concentrazioni dieci volte superiori a quelle misurate dentro l’Ilva nei giorni in cui il 'trattamento intensivo protettivò ha funzionato meglio. Chiediamo sia ad Arpa sia ad altri soggetti di fare osservazioni pertinenti ai dati evidenziati».

«Chiediamo, nel caso in cui si siano verificati sforamenti del valore di 25 g/t coke, se l'Azienda lo ha comunicato alle Autorità competente in virtù delle prescrizioni Aia. Ispra aveva lamentato una già avvenuta omissione in tal senso». È quanto sollecitano Alessandro Marescotti, Antonia Battaglia e Luciano Manna di Peacelink Taranto rispondendo alla nota attraverso la quale l’Ilva ieri ha affermato che i dati di qualità dell’aria rilevati il giorno di capodanno «sono da considerare assolutamente sotto il livello di pericolo». L’azienda rispondeva proprio a una denuncia di PeaceLink che chiedeva conto della nube apparsa sopra lo stabilimento, fotografata da diversi cittadini e postata sui social network.

PeaceLink chiede che «venga resa pubblica la relazione che descrive l’intervento dei vigili del fuoco nello stabilimento Ilva di Taranto, i risultati delle ispezioni e le conclusioni del sopralluogo» e pretende che la popolazione sia «messa a conoscenza di eventuali sforamenti avvenuti». A tale scopo l'associazione ambientalista chiama in causa il Ministero dell’Ambiente auspicando la diffusione dei dati dell’ultima ispezione dell’Ispra. «Ilva – ribadiscono gli ambientalisti - già in precedenza ci risulta avesse violato la prescrizione Aia n. 49 che regolamenta tale emissione» e impone «che l'emissione di particolato con il flusso di vapore acqueo in uscita dalle torri di spegnimento sia inferiore a 25 g/t coke, in accordo con le prestazioni di cui alla Bat n. 51. Si prescrive, altresì, di presentare, entro 6 mesi dal rilascio del provvedimento di riesame dell’Aia, un progetto esecutivo per il conseguimento di un valore inferiore a 20 mg/Nm3».

Il merito al grosso corpo nuvoloso insistente sull'area della fabbrica il giorno di capodanno, Peacelink fa presente che, a differenza di quanto dichiarato dall’Ilva, sarebbe da escludere «che possa avvenire un fenomeno di inversione termica sullo stabilimento Ilva di Taranto. Il fenomeno di inversione termica si innesca a seguito della coincidenza di più fattori incidenti in uno stesso luogo, uno dei quali, quello fondamentale, è la persistenza di un suolo freddo e non riscaldato, casualità improbabile nel caso dello stabilimento Ilva che genera calore e che riscalda il suolo a seguito della normale attività degli impianti».
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