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No a cura con le staminali per bimbo di Molfetta

No a cura con le staminali per bimbo di Molfetta

 

Sabato 09 Marzo 2013, 11:13

03 Febbraio 2016, 02:32

di LUCREZIA D’AMBROSIO

MOLFETTA - Federico, ventisei mesi, rischia di morire. La burocrazia, miope, e la decisione di un giudice del Tribunale di Pesaro, hanno deciso per lui e per i suoi genitori. Il papà di Federico, Vito, vive con la sua famiglia a Cuccurano per lavoro, ma è di Molfetta e ai suoi concittadini chiede sostegno per combattere, con lui, una battaglia per la vita, quella di un bimbo senza colpe e malato, gravemente malato. Federico è affetto dal morbo di Krabbe, una malattia degenerativa che porta alla morte, la più violenta e devastante delle leucodistrofie, malattia che non lascia scampo alcuno e alla quale non esiste nel mondo terapia o cura. «Il giudice che ha negato l’utilizzo delle staminali del metodo Vannoni, deve vedere con i suoi occhi che la vita di nostro figlio se ne sta andando». La rabbia di Vito e di sua moglie è racchiusa in una manciata di parole.

In buona sostanza il tribunale di Pesaro ha bloccato la procedura per l’utilizzo del sistema della Stamina Foundation, una cura in via di sperimentazione, che, secondo quanto sostenuto dai genitori del bimbo, consentirebbe a Federico di sopravvivere. «Il 6 febbraio il Tribunale di Pesaro - spiega il padre del piccolo - aveva dato il via libera per l’utilizzo di questo metodo tanto che sono stato convocato dall’ospedale Civile di Brescia per eseguire il carotaggio che darà vita alla coltura delle cellule mesenchimali da utilizzare poi su mio figlio. Ora la procedura è stata bloccata e ci è stato detto che possiamo continuare con le cellule staminali dell’Aifa, totalmente inutili per il problema di nostro figlio».

Federico fino novembre scorso ha avuto una vita normale. «Il primo novembre – racconta Vito - mio figlio che già camminava correttamente, ha ricominciato a gattonare. Poi ha cominciato ad avere difficoltà nell’esprimersi, fino ad arrivare ad essere quasi totalmente paralizzato. Oggi, a 26 mesi dalla sua nascita ha smesso di chiamare “mamma” e “papà”, ha smesso totalmente di parlare. Non capisco perché ci venga negata l’unica possibilità sulla quale possiamo sperare, pur assumendoci tutte le responsabilità del caso».
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