La famiglia Diomede fece parlare molto di sè negli anni Novanta. Giuseppe Diomede, insieme con Nicola Diomede, furono condannati all’ergastolo in primo grado in quanto ritenuti i mandanti della strage di «San Valentino», eseguita da tre sicari divenuti, in seguito, tutti collaboratori di giustizia e tutti condannati con rito abbreviato a pene che variano tra 14 ai 16 anni di reclusione. A Carassi, Picone, San Pasquale il nome di Cesare Diomede, fino alla sua morte, ha continuato a fare paura. Chi lo ha tolto di mezzo ha potuto avere mano libera nel controllo degli affari illeciti in quella zona per lungo tempo contesa.
A pagare con la vita, per il solo fatto di essere stato amico e sodale di Diomede, due mesi dopo, nel pomeriggio di domenica 30 ottobre, è stato il 21enne Alessandro Marzio, assassinato in via dei Mille, sotto casa del padre. Il nome dei Diomede, nelle inchieste della Direzione distrettuale antimafia sulla criminalità al quartiere San Paolo, è stato spesso legato a quello di Giuseppe Mercante, alias «Pinuccio ù drogat», uno dei «pezzi da novanta» della vecchia guardia che un anno dopo la morte di Cesare Diomede è ancora in libertà, a rappresentare e forse anche a garantire vecchi equilibri di potere, uno «status quo» che per molti non è più sopportabile.
Così, dopo la morte di Diomede nella lista di proscrizione, quasi certamente stilata dalle nuove frange del crimine organizzato decise a ritagliarsi uno spazio importante all’interno della divisione della città in zone dove fare business (droga, usura, estrosioni), è finito «Pinuccio ù drogat» e con lui parenti e amici (due dei tre attentati consumati a colpi di pistola la scorsa settimana a Santo Spirito e San Paolo erano diretti a suoi parenti). Nel pomeriggio di mercoledì 22 agosto Mercante è stato ferito gravemente ed ancora si trova in ospedale dove i medici non sciolgono la prognosi. Prima Diomede, poi Mercante, gente di rango elevato.
Infine, Felice Campanale, 66 anni padre del più famoso Leonardo, considerato in passato referente degli Strisciuglio a San Girolamo. Felice Campanale, ferito in maniera non grave nella serata di sabato 25 agosto, non è un boss ma certo un nome di rispetto, uno che a San Girolamo conta parecchio. Nel generale regolamento di conti non sono finiti solo presunti «padrini» (nessuno dei nomi citati è mai stato condannato per mafia) ma anche galoppini e reggiborse come si presume sia stato Massimiliano Villoni, ucciso nel suo letto a luglio pare dopo essersi avvicinato al gruppo Mercante.
l.nat.