BRINDISI - Un paio di ore di perquisizione nella casa brindisina di Franco Giorgio Freda, 71 anni, nativo di Padova, procuratore legale, editore, ideologo della destra più dura, condannato in via definitiva a quindici anni di carcere per associazione sovversiva. Si sarebbe trattato di un controllo d’obbligo. Lo avrebbero effettuato (il condizionale è d’obbligo perché le bocche sono cucite) i carabinieri e i finanzieri l’altro giorno nell’ambito delle indagini sull‘attentato dinamitardo compiuto sabato mattina dinanzi alla scuola «Morvillo-Falcone». Un controllo di routine legato solo ai trascorsi del procuratore legale veneto trapiantato a Brindisi ma che attualmente si sarebbe trasferito ad Avellino dove ha spostato la sede della sua casa editrice. Gli investigatori avrebbero guardato in ogni angolo della casa. Stando alle scarne indiscrezioni trapelate era presente l’editore nero che che era arrivato a Brindisi poche ore prima. Alla fine gli investigatori avrebbero salutato andando via, ovviamente a mani vuote. Nulla di sospetto, nemmeno una carta fuori luogo. In queste ore, con la caccia all’uomo nella quale sono impegnate le forze dell’ordine, basterebbe il rinvenimento di un qualcosa che anche lontanamente possa far pensare all’attentato per far scattare le manette.
Il controllo, come si diceva, sarebbe stato di routine e d’obbligo per i trascorsi dell’editore. Freda è un nome che compare nelle indagini sulle stragi in Italia sin dal lontano 12 dicembre del 1969 quando a Milano esplose una bomba nella Banca Nazionale dell’Agricoltura di piazza Fontana (diciassette morti e oltre ottanta feriti). Per quella strage ci sono stati diversi processi. Freda era uno degli imputati. L’ultimo processo, dopo che la Cassazione aveva annullato la sentenza dei giudici di Catanzaro, fu assegnato alla Corte di assise di appello di Bari che non credette ai pentiti e lo assolse assieme agli altri imputati. Sentenza confermata anche dalla Corte di cassazione.
I quindici anni di reclusione per l’associazione sovversiva, pena comminata dai giudici di Catanzaro, Freda li aveva in gran parte scontati nel carcere di Brindisi, dal quale uscì il 2 maggio del 1986 in semilibertà. Il procuratore legale nero aveva conosciuto durante la detenzione Rita Cardone, donna originaria del Tarantino, che sposa nel 1980 quando è detenuto a Novara. Lei lo segue quando viene trasferito a Brindisi. Abita in via Magaldi, abitazione che raggiungerà la mattina del 30 luglio del 1986 quando gli viene concessa la semi-libertà. Casa che invece andrà ad occupare definitivamente il 26 marzo del 1988 quando tornerà libero.
Lì per anni ci sarà la sede della sua casa editrice «Edizione Ar». Che attualmente ha trasferito ad Avellino. Freda è un duro e puro. «Credo nella forza delle idee, le mie non le ho create io, in qualche modo ne sono figlio», ama ripetere. Ma anche «Prima ci si vendica e poi si fa pace». La sua casa editrice pubblica testi su Evola, ma anche sul filosofo ebreo Simmel e il sociologo Gumplowicz.
Per la presentazione in Campidoglio di uno dei libri editi dalla sua «Ar»: «Così parlò Zaratustra» di Friedrich Nietzsche, lo scorso aprile aveva avuto il patrocinio del Comune di Roma, dal sindaco Gianni Alemanno, ritirato dopo le tante reazioni negative.
A Brindisi sino a qualche tempo fa Freda, grande camminatore, lo si vedeva puntualmente a piede ogni mattina. E l’estate a Campomarino, sullo Ionio, dove l’editore nero ha una villetta. Da qualche tempo lo si vede meno. Si dedica ai libri e alla filosofia. Il «principe nero» che diceva «S’ì fossi Freda arderei il mondo» a quanto pare è lontano nel tempo. Ma per le forze dell’ordine è sempre persona da tenere d’occhio.
















