I Degennaro, stirpe consolidata, imprenditori di seconda generazione, sono gente che ai salotti preferisce le ville di famiglia a Riva del Sole. Gli Antro, che nel mondo imprenditoriale barese sono nati l’altroieri, si sono invece piazzati all’estremo opposto: case a Cortina, feste a Rosamarina, attici in centro e zingarate da migliaia di euro. Erasmo Antro, ragioniere commercialista, in dieci anni ha accumulato cariche con la stessa velocità con cui ha ammassato proprietà in mezza Italia. Presidente regionale della Confapi, lo scorso anno è stato nominato vicepresidente della Camera di Commercio: il presidente Sandro Ambrosi lo ha poi delegato a sedersi nel cda del Petruzzelli, dove negli ultimi mesi aveva avviato (senza fortuna) contatti con il sindaco Michele Emiliano. E però negli ultimi tempi molti amici si sono allontanati. Sono rimasti quelli più stretti, da Ilaria Tatò e Michele Carofiglio, erede dell’impero Sobib, a Marzia e Marzio Musolino, storico concessionario Mercedes.
L’ultima uscita pubblica è stata poche sere fa al «Nessun Dorma» per la festa dei 50 anni di Riccardo Figliolia, direttore generale della Confapi. Niente in confronto alle feste organizzate nelle ultime estati all’Aranceto, la più bella discoteca di Rosamarina, e le vacanze a Cortina dove in anni passati i fratelli Antro hanno ospitato gli amici baresi. Alviero, il più giovane dei due, da molti anni si divide tra Bari e Roma. Nella passata legislatura è stato per alcuni mesi l’assistente parlamentare di Elvira Savino. E nell’estate 2008, in Sardegna, Alviero si è ritrovato protagonista di una singolare gara a suon di feste con un altro volto notissimo delle inchieste baresi, quel Gianpaolo Tarantini che poi lo condurrà dal premier Berlusconi per un affare immobiliare finito - più come curiosità che per altro - nel mare magnum delle intercettazioni di Gianpi. Nel 2003 i fratelli Antro avevano assaggiato il carcere nelle indagini sugli appalti truccati alla Asl di Taranto, una vicenda da cui sono poi usciti senza macchia. Silenziosamente, sono ripartiti. Da due anni, però, le loro aziende stanno attraversando un brutto momento. Con debiti per 31 milioni e le banche alle calcagna, il mese scorso hanno chiesto al Tribunale di Bari l’ammissione al concordato preventivo per il Consorzio Sigi (quello al centro della presunta truffa) e per tre aziende collegate (Ingep, Intersud e Infotec). A garanzia del concordato hanno offerto proprio gli immobili sequestrati ieri dalla procura: adesso, dunque, oltre al carcere rischiano un clamoroso crac. [g.l. - m.s.]