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«La bellezza, così come la vergogna, è negli occhi di chi guarda»

«La bellezza, così come la vergogna, è negli occhi di chi guarda»

 

Lunedì 05 Dicembre 2011, 09:50

03 Febbraio 2016, 00:09

di FRANCO LOSVIZZERO *

Quanto emerso dalla lettera della Curia leccese da una parte mi spaventa, dall’altra mi riempie di orgoglio. L’arte da sempre ha il compito di smuovere le acque e quando è ben fatta di sconvolgere. Non mi aspettavo di riuscirci e il risultato mi sembra ottimo per aprire un momento di riflessione, non solo in ambito culturale ma per la popolazione tutta. Il «coniglio», nella mia arte, è simbolo di connessione con il nostro mondo interiore, con il nostro inconscio dove alberga la parte più pura di ognuno di noi, ma anche le nostre paure, le nostre ossessioni. Connessione, come nel «Paese delle meraviglie», fra realtà e mondo incantato, fra la vita di tutti giorni e il sogno. E questo avviene attraverso un buco, da quel buco si intravede il «non luogo» che ha a che fare con la nostra memoria, la nostra infanzia e con simboli e riti che ci portiamo dietro da stratificazioni religiose del cristianesimo, ma ancor più lontano da miti e simboli pre-cristiani. Per questo nelle mie opere si alternano giocattoli ad immagini infantili con simbologie esoteriche che suscitano attrazione, come inquietudine, e provocano il sorriso, come turbamento. 

Affascinante è vedere come le diverse fasce di pubblico reagiscono ad una mia opera come nella performance «Un coniglio alla mia tavola», già presentata, fra l’altro, in diversi musei e gallerie, da Berlino a Milano, New York, Napoli, Damasco, Beirut, Il Cairo e Venezia, e che l’altra sera è stata protagonista per le strade di Lecce. I bambini sono i più attenti fruitori di quest’immagine di «donna coniglio», ne rimangono rapiti, estasiati come fossero davanti ad un personaggio di una favola. Le donne giovani la apprezzano nel percorso, le ho sentite incitare la performer - l’attrice e danzatrice professionista Sofia Vigliar - con frasi di approvazione come «Sei fantastica, sei stupenda», come a sottolineare una libertà ritrovata nel corpo e nei movimenti. Le signore più grandi, invece, con l’aria curiosa hanno voluto avere spiegazioni e si sono incuriosite con lo sguardo di chi conosce la bellezza e la bruttezza del creato. Gli uomini sono stati, a mio avviso, i più interessanti da osservare: i ragazzi, gli adolescenti, erano imbarazzati e ridevano più o meno sonoramente; gli uomini adulti, non tutti chiaramente, hanno intravisto e a tratti urlato allo scandalo. 

Ho sentito, ad esempio, urlare tra la folla, che seguiva in processione il coniglio bianco, «Vergogna» oppure «Levati la maschera». Quest’analisi mi è servita per vedere come i diversi strati sociali, a diversi livelli culturali, vedevano diversamente quello che era sotto gli occhi di tutti, e cioè, una donna nuda dipinta di bianco con una maschera da coniglio. 
Ognuno ha visto nella stessa immagine ciò che più gli appartiene e le deformazioni interiori si sono palesate in quelle reazioni. La bellezza come la vergogna, l’aberrazione come la paura davvero sono negli occhi di chi guarda. Il coniglio è simbolo di un essere indifeso che osserva con timidezza il nostro mondo, la nostra natura umana, non lo giudica ma ne rimane vittima. Infatti, nella prossima serie di fotografie inedite, che in parte sono state scattate a Lecce, seguirà questo studio. È un’immagine cristica e pura come il bianco e come può essere il corpo di una donna. Il fatto che una certa setta della popolazione si senta sconvolta mi inorgoglisce almeno quanto quell’espressione di stupore dei bambini che, come a Roma e in più occasioni, venivano accompagnati da mamme e nonne a conoscere la «donna coniglio» nuda da vicino e ne rimanevano ammaliati. 

Ma lo stesso mi spaventa perché ci sono persone che considerano una donna nuda dipinta di bianco una volgarità inaccetabile, una nefandezza dell’essere umano. Da quando la donna nuda può essere considerata un qualcosa si sporco e volgare? Spetta davvero all’arte riportare equilibrio in questa distorta e aberrante visione del corpo femminile? La bellezza davvero è tanto lontana? E attenzione non parlo delle persone avvezze all’arte che hanno colto il valore concettuale, nonché la bellezza artistico-estetica. La bellezza è davvero tanto lontana dall’uomo timoroso di Dio che vive la natura come una maligna tentazione? Erano uomini di oltre 50 anni quelli che gridavano tra la folla «lo scandalo». Proprio quelli che nella mia carriera di regista cinematografico/osservatore ho imparato a conoscere: sono coloro che intravedono il male dove non c’è, che si sentono portatori di una verità offuscata dalle loro stesse pulsioni. La mia visione è che ogni cosa ci porta ad interrogarci su cosa siamo e cosa ci attrae. È un’occasione di crescita culturale a cui l’arte non può sottrarsi, a cui le istituzioni dovrebbero puntare al fine di sviluppare una conoscenza della cultura contemporanea, e perciò di noi stessi, superiore. 

Non credevo nemmeno potesse considerarsi una provocazione la mia opera, ma l’analisi dei risultati mi fa pensare che molte opere ogni giorno dovrebbero invadere città che come Lecce hanno un antico e intimo rapporto con la bellezza e con il barocco, in particolare, che metteva al primo posto il trionfo della natura sull’uomo. Un rapporto tutto da riscoprire con il bello contemporaneo. Per fortuna i tempi stanno cambiando e l’«era del coniglio» è iniziata! 
(*Scultore, pittore, fotografo, regista e autore della performance «Un coniglio alla mia tavola»)
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