POTENZA - È l'ideologo della Grande Lucania, un sogno che coltiva da sempre: annettere il Vallo di Diano e il Cilento (Salerno) alla provincia di Potenza per ricomporre una fetta di territorio che Napoleone volle scindere nel 1806. Raffaele de Dominicis, Procuratore generale del Lazio, rincorre le sue origini lucane. Lui che è nato ad Ascea, nel Cilento, «solo burocraticamente» legato al Salernitano. Proprio Ascea - e non poteva essere altrimenti - è stato il primo comune ad aderire al progetto di «riunificazione». Il primo di una ventina, l’ultimo dei quali è Padula, per una «pattuglia» di consigli comunali che ha formalizzato, in una delibera, la volontà di «ritornare a casa», in terra lucana.
«Il nostro obiettivo - dice de Dominicis - è coinvolgere almeno un’ottantina di paesi della zona per poi presentare ufficialmente la richiesta di un referendum». Accorpamenti, aggregazioni, distacchi: termini particolarmente in voga sulla scia della manovra del Governo, quella che vorrebbe «fondere» i piccoli comuni al di sotto dei mille abitanti. In un certo senso la Grande Lucania ha anticipato, su scala interprovinciale, il decreto di cui si sta tanto parlando in questi giorni: «Sì, ma il nostro - dice de Dominicis - è un ragionamento più culturale che politico».
Che, però, può avere un impatto anche a livello economico. Con la nascita della Grande Lucania ci sarebbe un risparmio o si andrebbe incontro a un aggravio di costi? «Non è una previsione possibile. Personalmente sono contrario alla cancellazione di comuni perché le autonomie locali rappresentano il sale del sistema costituzionale italiano. Sono, insomma, elementi costitutivi della Repubblica. Comunque, a pensarci bene, non vedo perché ci debbano essere più spese. Se guardiamo l’aspetto dalla parte dei cittadini il risparmio è assicurato: Potenza è più vicino a noi di Salerno. Recarsi, dunque, in un ufficio pubblico nel capoluogo lucano significa impiegare meno tempo e meno soldi».
Con l’aria che tira suona strano un progetto di creazione di nuovi enti. Come si concilia l’idea dell’annessione del Cilento e del Vallo di Diano con la tendenza a sciogliere Province e Comuni? «Ma la Grande Lucania non crea nulla di nuovo. Semplicemente è la volontà di un popolo che si sente profondamente lucano e che vuole agganciarsi al Potentino per ragioni storiche e antropologiche. Non stiamo mica parlando di creare una nuova Provincia, sia ben chiaro».
Lei dice che la Grande Lucania non è un fatto politico. Ma in Basilicata è nato un movimento che, parlando di annessioni, si è presentato alle scorse elezioni... «Con noi non c’entra nulla. Ho incontrato i responsabili, una conoscenza superficiale. Ripeto, il nostro impegno è solo una questione di «pelle»: ci sentiamo un popolo lucano che non è inserito nella regione lucana».
Dica la verità, crede fino in fondo che la Grande Lucania da concetto storico-antropologico si trasformi in realtà? «Francamente non lo so se approderemo a qualcosa di concreto. Le adesioni ci sono, ma quelle già acquisite non bastano a giustificare un referendum. Spero che altri decideranno di seguirci. E se dovesse andar male, vorrà dire che la mia carta d’identità continuerà a riportare Salerno. Ma io continuerò a sentirmi lucano».
















