De Lucia era sfuggito al blitz del 7 dicembre scorso, quando furono fermati una cinquantina di affiliati ai clan in lotta e si era rifugiato in Slovacchia, a Podran, dove poi è stato arrestato.
Gelsomina Verde aveva appena 22 anni quando il 21 novembre scorso fu sequestrata, torturata e uccisa per poi essere bruciata. La sua unica colpa, secondo quanto è stato ricostruito dagli investigatori, era quella di aver frequentato l'uomo sbagliato, di essere considerata vicina ad un esponente della banda degli scissionisti, in lotta con la fazione del capocosca latitante, Paolo Di Lauro.
Ad uccidere Gelsomina sarebbero stati almeno in tre. Secondo gli investigatori l'intenzione degli assassini non sarebbe stata quella di uccidere la ragazza ma di costringerla a rivelare dove si trovasse il suo amico, Vincenzo Notturno, legato agli «scissionisti». Notizie che la ragazza non poteva riferire perché non sapeva nulla, ma gli uomini del commando non le hanno creduto e così l'hanno colpita più volte con pugni e schiaffi. La ragazza è diventata quindi una testimone scomoda. E a questo punto è maturata la decisione di ucciderla e di bruciare auto e cadavere, forse con l'intento di cancellare con il fuoco ogni traccia.
Il 26 novembre, quattro giorni dopo l'omicidio della ragazza era stato arrestato Pietro Esposito, risultato coinvolto nelle fasi preparatorie dell'omicidio. De Lucia, secondo le accuse di Esposito, sarebbe l'esecutore materiale del delitto.
















