L’ufficio, «moderno e appariscente », dicono gli investigatori, era in via Sallustio, all’ing resso del centro commerciale. Con tanto di insegna e di annunci in vetrina. Da qualche settimana il locale si fitta. Ma da tempo dell’agenzia immobiliare non c’era più traccia. È qui che i truffati sono andati a trattare con Marino Onofrio, indagato dalla Guardia di finanza, per l’acquisto di appartamenti. «Per colpa sua non vivo più. Lui sta bivaccando a casa del padre. I soldi che ha truffato ce li avrà da qualche parte e starà aspettando che si calmino le acque per goderseli», dice una delle vittime, una donna, che ci chiede di mantenere l’anonimato. Lei aveva venduto la casa di proprietà di 115 metri quadri per acquistarne una più piccola, più confacente alle proprie esigenze. Ci ha rimesso 180mila euro: 170mila versati in una banca di Matera, sul conto della moglie del truffatore, altri 10mila depositati in una cassetta di sicurezza. Pian piano, un prelievo dopo l’altro, i soldi sono spariti e la casa, all’interno di una nuova lottizzazione, a confine con Aquarium e L’Arco, la signora non l’ha mai avuta. Da un anno la donna, che nel frattempo, si è vista recapitare una nota spese da 2500 euro per l’acquisto di mattoni, vive in fitto in una casa di 50 metri quadrati, buia e senza balconi. «Mi ha lasciato con il culo per terra. Vivo con i soldi dello stipendio», dice.
Non è andata meglio ad una coppia. Due anni fa lei lesse un annuncio sulla vendita di una tavernetta di 60 metri quadri, in costruzione in via San Pardo, al prezzo di 75 mila euro. La disponibilità di marito e moglie ammontava a 20-25 mila euro. Per la differenza era necessaria l’accensione di un mutuo. Operazione che la loro banca negò. «Ci spiegarono che per una tavernetta non era possibile», racconta lei. Il marito conosceva l’agente immobiliare che consigliò di rivolgersi all’istituto di credito di cui era cliente. Qui la pratica ricevette l’avallo. I lavori sono andati avanti per due anni. Nel frattempo, alla coppia fu offerta una tavernetta più grande. «Ci siamo fatti i conti e valutando la possibilità di aumentare il mutuo, abbiamo pensato che poteva diventare la nostra casa», racconta la giovane moglie. La coppia ci ha rimesso 50mila euro. E dopo una serie infinita di inganni, di bugie, di telefonate a vuoto, ha scoperto che la tavernetta era stata venduta ad u n’altra persona, truffata a sua volta. Non si erano mai incrociati sul posto. Eppure, durante i lavori, uno lasciava con una matita i segni per indicare la posizione delle prese elettriche preferita e gli altri le cancellavano scegliendo in base ai propri criteri. [em.ol.]