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La segnalazione sul pm Genovese arriva al Csm

La segnalazione sul pm Genovese arriva al Csm

 

Martedì 23 Novembre 2010, 10:43

02 Febbraio 2016, 22:35

Felicia Genovesedi FABIO AMENDOLARA 

«Passaggi mai chiariti» li chiama don Marcello Cozzi riferendosi ad alcuni aspetti delle indagini del 1993 sulla scomparsa di Elisa Claps. Don Marcello è il coordinatore regionale dell’associazione Libera e qualche tempo fa ha scritto al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per chiedere una verifica dell’operato del pubblico ministero che nel 1993 quelle indagini le coordinò. L’incarico è stato affidato al Consiglio superiore della magistratura. Sarà il tribunale delle toghe a verificare se il giudice Felicia Genovese ha condotto quell’inchiesta in modo corretto. 

Lo ha comunicato il direttore dell’Ufficio affari per l’amministrazione della giustizia della presidenza della Repubblica con una lettera indirizzata al sacerdote di Potenza. «Gentile don Cozzi - si legge nel documento spedito dall’ufficio romano - la informo di aver trasmesso la sua lettera all’org anismo cui compete la valutazione sulla condotta dei magistrati e, quindi, nella specie, la valutazione su quella della dottoressa Genovese, all’epoca dei fatti assegnataria del procedimento penale sulla scomparsa della giovane Elisa». 

Una prima verifica su quegli atti la fece la Procura antimafia di Salerno nel 1999 dopo le dichiarazioni del pentito dei basilischi Rino Cappiello che, parlando della scomparsa di Elisa, segnalò un coinvolgimento del marito del pm Genovese che poi si rivelò infondato. Nel 2001 i magistrati chiesero e ottennero l’archiviazione, anche perché «sin dai primi giorni della scomparsa - si legge negli atti - le indagini erano state svolte in maniera penetrante e rigorosa». 

Niente di penalmente rilevante nel comportamento del magistrato, né in quello di suo marito. Su quegli stessi atti qualche anno dopo ha indagato un altro magistrato di Salerno, il sostituto procuratore Gabriella Nuzzi. In un documento di cui la Gazzetta è in possesso il pm evidenzia «condotte, fatti e situazioni di obiettivo interesse per gli organi istituzionalmente deputati all’esercizio dei poteri di vigilanza sui magistrati e, indubbiamente, incidenti in una complessiva valutazione di opportunità o convenienza al concreto esercizio delle funzioni inquirenti in ambito locale, soprattutto se riguardino il delicato settore specializzato della criminalità organizzata». 

In una nota don Cozzi spiega il perché dell’iniziativa contro il pm: «Abbiamo deciso di rivolgerci al Csm perché nelle indagini sull’omicidio di Elisa ci sono passaggi mai chiariti e vogliamo che finalmente sia fatta luce. Ribadiamo con forza quanto già affermato in passato sull’inopportunità che il marito di un pm antimafia in passato abbia avuto contatti telefonici con uomini della ’ndrangheta. E ancora ci chiediamo: come può, alla luce di quei fatti, continuare ad esercitare la professione di giudice? A noi non interessa che la giustizia dica che questo non è reato perché si tratta di una questione di opportunità. Ci siamo rivolti al presidente Napolitano in qualità di presidente del Csm perché è l’unico che ci dà garanzie». 

E ancora: «Le leggerezze e i depistaggi del 1993 hanno condizionato le indagini alla base. Se gli investigatori di Salerno oggi hanno difficoltà, è per il lavoro svolto 17 anni fa». 

Apprendendo dell’iniziativa di Libera i difensori della dottoressa Genovese, che ora è giudice di Corte d’appello a Roma, la definirono un caso «stalking mediatico». E ribadirono che nel 1993 tutto si svolse in modo corretto. Giudicherà il Csm.
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