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Chi usa il tatuaggio, dai camorristi ai mafiosi latinoamericani

 

Sabato 14 Agosto 2010, 10:59

02 Febbraio 2016, 22:09

Gli appartenenti alla ’ndrangheta non usano i tatuaggi. Il tatuaggio, come segno esteriore di appartenenza a un clan nonché di ostentazione del proprio status di criminale, appartiene soprattutto alla tradizione camorristica. «Gli uomini hanno bisogno di sentirsi inseriti e protetti in da un’istituzione che abbia regole ma anche gerarchie, apparati e segni esteriori», si legge nel «Camorrista» di Joe Marrazzo. Il celebre giornalista narrando le gesta di don Raffaele Cutolo scrive: «Si ha il piacere di ostentare il tatuaggio dei cinque puntini nell’incavo tra il pollice e l’indice della mano destra - la cosiddetta Costellazione della camorra - anche quando può costare sospetti o addirittura anni di carcere». I camorristi sono esibizionisti e finanche la devozione ai santi è impressa sui corpi dei soldati di camorra. 

Avverte Roberto Saviano: «Come i soldati della gioventù hitleriana avevano scritto sulle fibbie il motto “Gott mit uns” (Dio è con noi), così i soldati dei clan spesso hanno portato e portano sul corpo tatuaggi che dimostravano la loro devozione, le collane con i volti santi, i braccialetti costruiti con grani di rosario come quello celebre di don Lorenzo Nuvoletta». Sia Campanella che Cossidente oltre alla rosa sulla spalla hanno tatuate sul deltoide delle immagini sacre. Cossidente una madonna e Campanella il Cristo. Qualche influenza la camorra l’ha avuta anche sui nuovi basilischi che, però, discendono dalla ’ndrangheta. 

I soldati dei clan latinoamericani, soprattutto quelli della gang Mara Salvatrucha, nata a Los Angeles, ma presente ormai buona parte del continente americano, hanno il corpo completamente tatuato. I tatuaggi, in questo caso, servono a distinguersi dalle gang avversarie. 
La mafia calabrese invece si nasconde. [vi. sma.]
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