Su questa sigla, da alcuni considerata magica e da altri chimerica, si è sviluppato tutto il dibattito (e le polemiche, infarcite dalla proprietà di minacce di chiusura degli impianti e licenziamento di migliaia di lavoratori) in Taranto, Provincia sino alla regione Puglia.
L'Unione Europea, emanando questa direttiva recepita da diversi anni da altri Paesi membri, ha inteso regolare, la logica del rapporto «ambiente - industria» e la sua evoluzione. Ciò perché il fattore ambiente ha assunto, nel corso dell'ultimo decennio, il ruolo di importante criterio di selezione delle tecnologie di processo e dei prodotti nei cicli produttivi ed accanto alla necessità di proteggere le risorse fondamentali e l'ambiente, vi è quella di assicurare uno sviluppo economico responsabile a vantaggio delle future generazioni.
Ne consegue che la logica del rapporto «ambiente - industria» tende a mutare da un'impostazione «astrattamente normativa» e, per questo, l'Unione Europea si sta attrezzando con l'obiettivo di conciliare gli aspetti di crescita e di competitività con quelli di compatibilità ambientale e sicurezza dei processi e dei prodotti, nonché di tutela e salute delle persone e dell'ecosistema di riferimento.
Ovviamente l'Italia, sino ad oggi, da questo obiettivo n'è rimasta esclusa per via del mancato recepimento governativo della direttiva comunitaria. Per l'Ilva, il Gruppo Riva dovrà adottare nuovi metodi di "produzione più pulite" e più attuali. Questo metodo passa attraverso la messa in opera di azioni preventive, piuttosto che correttive, e con l'obiettivo principale di affinare i processi produttivi affinché comportino il minimo impatto ambientale, eliminando nel contempo le inefficienze energetiche e ottimizzando l'impiego delle risorse. Ciò può esser ottenuto, secondo le prescrizioni delle BAT comunitarie, attraverso le azioni di evitare o ridurre la produzione di inquinanti; impiegare efficacemente risorse energetiche e materie prime ed, infine, ridurre gli scarti per produrre a costi inferiori ed ottenere maggiori profitti. Le produzioni pulite devono tendere, perciò, al limite teorico delle «emissioni zero»".
Paolo Lerario