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Aldo Moro, prima studente modello, poi prof e politico

Aldo Moro, prima studente modello, poi prof e politico

 

Venerdì 15 Gennaio 2010, 18:00

02 Febbraio 2016, 21:16

Aldo Morodi ONOFRIO PAGONE 

Negli annali dell’Università di Bari il nome di Aldo Moro è ricorrente. Dapprima come studente brillante, poi come docente apprezzato, infine in quanto politico illuminato, perché capace di impostare lo sviluppo del territorio attraverso la sua crescita culturale. Il giovane studente leccese, nato a Maglie il 23 settembre del 1916, era arrivato a Bari forte del suo diploma di maturità classica conseguito nel ‘34 nel ginnasio-liceo «Archita» di Taranto; a novembre del ‘38 era già laureato con lode in Giurisprudenza, tanto che l’allora rettore Biagio Petrocelli lo menzionò nel suo discorso inaugurale dell’anno accademico ‘38-‘39, annunciando che la facoltà aveva deliberato di pubblicare a spese dell’Università la tesi del giovane neolaureato sulla «Capacità giuridica del diritto penale». 

«Trattasi - sottolineò il Magnifico - di un lavoro che è indice di singolari attitudini alla elaborazione scientifica». Fu l’inizio di una lunga carriera accademica: già quell’anno Moro fu nominato assistente volontario alla cattedra di diritto e procedura penale; nel ‘40, quando aveva solo 24 anni, fu incaricato dell’insegnamento di Filosofia del diritto e di quello di Storia e politica coloniale; a 35 anni era ordinario di Diritto penale. Quando nel ‘64 fu trasferito a Roma, toccò al rettore Pasquale Del Prete rendergli onore, sottolineando i meriti dell’accademico e del politico attento alle problematiche universitarie. 

«Il prof. Aldo Moro - affermò il Magnifico - è il solo che per 25 anni, Assistente, Libero Docente, Docente, Incaricato e infine Titolare in questa Università ha contribuito alla sua fortuna dalla Cattedra, dal Parlamento, dal Governo, con quel largo senso di umanità che lo ha sempre portato a difendere le istanze dei diseredati e tra questi, bisogna ricordarlo, per molto tempo fu la nostra Università finché egli, ministro della Pubblica Istruzione, non riparò coraggiosamente ed imparzialmente le molte ingiustizie passate e non pose rimedio ad intollerabili condizioni». 

Moro politico, leader del partito e del governo, fu in effetti la «sponda romana» senza la quale l’Università di Bari non avrebbe mai potuto realizzare progetti ambiziosi di ampliamento strutturale e potenziamento accademico. Raffaele Resta, Vincenzo Ricchioni, Pasquale Del Prete ed Ernesto Quagliariello sono i rettori che si sono susseguiti dal dopoguerra agli anni Settanta, e che hanno saputo creare un circolo virtuoso con la politica basato sulla programmazione dello sviluppo culturale e perciò premiato da Roma con i relativi finanziamenti. Così è stato possibile acquisire i terreni e poi costruire le aule delle facoltà scientifiche in via Amendola e poi quelle di Giurisprudenza, o raggiungere l’obiettivo di aprire a Valenzano il Centro di alti studi agronomici del Mediterraneo. Questo emerge dagli atti ufficiali dell’Ateneo: prezioso, da questo punto di vista, il volume (edito un mese fa da Adda) di Vittorio Marzi, agronomo, presidente dell’Accademia Pugliese delle Scienze, il quale ha ricostruito la storia dell’Ateneo barese attraverso le relazioni annuali dei rettori. 

«Moro - commenta ora Marzi sfogliando il suo libro-enciclopedia - è stato il grande artefice dello sviluppo della nostra Università perché fu a capo di una cordata di docenti e creò una unità d’intenti con i professori». Ancora: «Bari esprimeva con Moro la sua forza positiva: Moro non era solo, perché la classe politica barese di quegli anni era di ottimo livello culturale, e capiva che la crescita dell’università diventava fondamentale per la crescita del Paese». 

Nonostante tutto, sono passati trent’anni per riconoscere ufficialmente questi meriti: la delibera del Senato accademico dell’Università di Bari che stabilisce di intitolare l’ateneo all’on. Aldo Moro è datata 7 maggio 2008. Esattamente trent’anni dopo la sua barbara uccisione.
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