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Migliaia di meridionali internati dai Savoia in due lager del Nord Italia

 
Migliaia di meridionali internati dai Savoia in due lager del Nord Italia

Mercoledì 14 Ottobre 2009, 08:26

02 Febbraio 2016, 20:52

Nell’impossibilità di rinchiudere i ribelli Meridionali in una Guantanomo lontana, i Piemontesi trovarono una «valida» alternativa: i lager. «Nell’archivio dello Stato maggiore dell’Esercito ci sono le prove che, tra il 1861 e il 1870, 30mila giovani meridionali, tutti soldati del Regno delle Due Sicilie, furono deportati in due lager piemontesi». Ad affermarlo è Fulvio Izzo, storico e vice direttore generale dell’ufficio scolastico regionale delle Marche. 

Lo studioso si riferisce al carcere di Fenestrelle e al «campo di concentramento » di San Maurizio Canavese (a una ventina di chilometri Torino). Di quest’ultimo, non si sa moltissimo. Secondo Izzo, era «nato come campo d’esercitazione», poi, dopo l’Unità d’Italia, era stato riattato a campo di «rieducazione e prigionia dei giovani meridionali». 

Risorgimento BrigantiFenestrelle, invece, è ancora tutto lì ed è un luogo che fa spavento. È una struttura di 1.300.000 mq, un forte che - trovandosi a un tiro di schioppo dalla Francia - fu inizialmente concepito per difendere il confine. I suoi edifici ringhiosi di montagna (lì si superano i 3mila metri), le feritoie e quella bava di scale di roccia che sale tra i dirupi colpirono persino Edmondo De Amicis che lo definì «necropoli guerresca ». E De Amicis, va detto a vantaggio di chi non lo sapesse, non era certo tipo facilmente impressionabile. Il papà del libro «Cuore»  - prima d’inforcare la penna - aveva passato la vita sul campo di battaglia. Era un ufficiale sabaudo. 

Secondo le ricerche di Izzo, a finire nei lager piemontesi «furono ragazzi del Sud tra i 20 e i 30 anni. Erano soldati semplici e bassa ufficialità, che non vollero giurare fedeltà ai Savoia dopo aver giurato Risorgimento Brigantiper i Borbone. Mentre, invece, praticamente tutti gli alti ufficiali dell’esercito duosiciliano passarono ai sabaudi». Ecco, quindi, perché migliaia di giovani vennero messi in ceppi e mandati in «campi di prigionia e rieducazione», perché «un uomo vero non è spergiuro», chiosa Izzo. Per fiaccare le loro resistenze ad aderire al nuovo regime, pare che i Piemontesi siano stati piuttosto duri coi soldati del Mezzogiorno. «Ci sono le prove che, a Fenestrelle, non c’erano i vetri alle finestre e che i deportati venivano incatenavati. Inoltre - dice Fulvio Izzo - dormivano su pagliericci. I meridionali non avevano l’abbigliamento adatto e molti sono morti di freddo». 

Lo studioso ha raccolto l’esito delle sue ricerche storiche in un libro («I lager dei Savoia. Storia infame del Risorgimento nei campi di concentramento per meridionali») che è stato pubblicato dalla casa editrice napoletana Controcorrente. «Quella lettura mi ha molto colpito - dice Antonio Pagano, direttore della rivista “Due Sicilie” - così sono andato personalmente a Fenestrelle. Sono rimasto scioccato. Ci sono ancora i ceppi con le catene e quei vasconi che i Piemontesi usavano per far sparire i cadaveri dei prigionieri. Li riempivano di calce. Che immagine terribile». 

Risorgimento BrigantiA dire il vero, i documenti dello Stato maggiore dell’Esercito non parlano nè di vasconi di calce, nè di corpi disciolti. Due dati inconfutabili, però, ci sono. Il primo è che su quelle mura che chissà quante urla avranno attutito, campeggia la tetra scritta «Ognuno vale non in quanto è, ma in quanto produce ». Una suggestione nera, che colpisce come un pugno e che - con i debiti, evidentissimi, distinguo - porta a galla il ricordo di un altro posto da incubo: il campo di sterminio di Auschwitz e quell’«Arbeit macht frei», cioè «Il lavoro rende liberi», monito per l’umanità a ricordare, a non dimenticare. 

Il secondo dato inconfutabile è che questo «lager» di italiani meridionali è stato completamente rimosso dalla storia nazionale.
MARISA INGROSSO
ingrosso@gazzettamezzogiorno.it


(le foto in questa pagina sono state gentilmente concesse dal dott. Antonio Pagano)
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