Ho incontrato una cicogna, (Ciconia Ciconia). Si chiama Clotilde e naviga ad alte quote con due belle ali bianche, le penne remiganti e la coda lucente. È saggia e prudente, per via dei patemi da debuttante nella mansione e, quindi, dalla non grande esperienza. Ma, come tutte le cicogne svolge con orgoglio, dignità e discrezione il suo ruolo di postina. In Italia passa un paio di volte l’anno perché nidificano nell’Europa settentrionale, anche se non è raro scoprirla sui tetti e sui terrazzi italiani. Chiacchierando dal mio di terrazzo le ho rivolto qualche domanda per affettuosa curiosità e per l’antica simpatia che provo per la sua specie preziosa e indifesa e per la poesia letteraria che ha ispirato. Per parte mia ho sempre contestato la sciocca credenza che attribuiva al cavolo la residenza dei limbicoli, culla vegetale e un poco scomoda dei bambini in procinto di nascere, cioè. Sin da piccolo fui incredulo: ho sempre ritenuto disdicevole venire al mondo nel terriccio umido e, per di più, ospitati da una verdura così umile. Buonissima, non c’è che dire, sotto forma di minestra, ma povera e plebea. Vuoi mettere con la cicogna? Con il suo maestoso volteggiare, con l’eleganza di migratore avventuroso? Dopo aver esternato la mia lusinghiera considerazione per la categoria, la conversazione si è diretta verso il versante delle lamentele. Sacrosante.
I tempi son quelli che sono, la gente è diventata cinica, avara, egoista, la vita si è fatta pesante, le pretese mondane incoercibili e non si vogliono più figli così numerosi come un tempo, quando erano considerati una ricchezza. Se va bene, se ne progetta uno per coppia. Questo, in sintesi, il punto di vista del pennuto che, sul più bello della conversazione, mi ha detto: «Guardi qui». E mi ha mostrato un fagottone che nascondeva sotto l’ala destra. «Guardi» ha insistito. Tra le penne dormiva beatamente un bambino grande, grosso e rubicondo. Avrà potuto avere due anni, Quale non è stata la mia sorpresa e, non lo nascondo, il mio sgomento. «Signora Clotilde», le ho chiesto, «adesso le cicogne si sono messe a rapire i bambini?». «Niente affatto. Lei sta prendendo un granchio». Poi, corrucciata, mi ha spiegato: «Sono più di due anni che giro per i cieli d’Italia senza riuscire a trovare una casa per questa creatura. Le ho provate tutte. Il Natale scorso ero quasi riuscita a trovare un comignolo libero e ospitale, all’apparenza, quando sono stata spintonata da Babbo Natale che doveva farsi largo per recapitare dei videogiochi. Mi informò: “La risposta più frequente dagli sposi è che hanno già dato. Altri stanno per partire per la settimana bianca o devono prima cambiare l’automobile. Un tale mi informò che prima doveva finire di pagare il mutuo della casa. La verità è, caro lei, che questi qui e, dicendo “questi qui” ha accarezzato il pupo col suo becco rosso, “non li vuole più nessuno”». Tacevo. La cicogna sembrava sconsolata e feci per dire qualcosa, che so, una frase d’occasione, di quelle che si dicono alle cicogne depresse, ma non mi venne niente di opportuno. Ma Clotilde riprese: «E spesso hanno ragione. Mi dica lei se non ci voglia coraggio per affrontare questo mondo, le difficoltà della vostra società miserabile e ricca al tempo stesso, sazia e affamata contemporaneamente, per vivere nella vostra comunità competitiva, rapace e famelica di consumi». Questa cicogna, pensavo, a parte gli avvoltoi, ha letto Adamo Smith, Carlo Marx, la vita di Rousseau, i dati del Censis, Ortega y Gasset, il pensiero di Max Weber, le leggi finanziarie. «E, poi, mi spiega», continuò, «perché uomini e donne di questo bel paese, così renitenti a riprodursi e così inclini alla progressiva estinzione come popolo, si lamentano tanto dell’arrivo di altra gente più prolifica e molto più bisognosa da terre meno fortunate e dove le mie consorelle hanno tanto da fare? Hanno ragione il Papa e il Presidente Mattarella?».
La cicogna, pensai a questo punto, legge i giornali, naviga su internet remigando con le splendide ali della generosità. Azzardai che non tutte le colpe andrebbero attribuite alle persone, ai cittadini i quali spesso sono le prime vittime di un disagio collettivo, di obiettive condizioni di bisogno e tentai di proseguire con la loquela del sociologo improvvisato. A quel punto Clotilde la cicogna mi ha interrotto: «Parla della violenza nelle città? Fosse solo quella! Le dirò: Sa perché mi porto dietro questo ragazzino da un paio d’anni? Non perché mi sia affezionata, che è pur vero, ma solo perché non mi fido di lasciarlo. Giro, giro, ma non mi riesce di trovare un posto tranquillo e sicuro. Mi avevano consigliato la Puglia. Sornioni e ammiccanti colombi metropolitani mi hanno consigliato di rivolgermi, per individuare una famiglia facoltosa, a certi impiegati di banca. Non saranno proprio onesti, ma, molto informati, sì». Clotilde tentennò e rispose: «No, grazie! Faccio da sola! Ci saranno due innamorati che vogliono metter su famiglia. Lo consiglio! Uno sfaglio!». E volò via.
















