L’impegno ecumenico - da un punto di vista religioso - e globale - dall’ottica politica - tracciato da Francesco, nel suo pontificato, rappresentano probabilmente la caratteristica più interessante per il futuro della Chiesa, per il dialogo, per la cura alle divisioni dei cristiani, in particolare in Asia e in Africa. Come disse papa Bergoglio, infatti, i missionari – in quelle zone – menzionano ripetutamente le critiche, le lamentele e le derisioni che ricevono, a causa dello scandalo dei cristiani divisi. Partendo da questo punto di vista e guardando a una Chiesa decisamente post-occidentale, come quella disegnata da Francesco, in particolare nella nomina dei cardinali, possiamo parlare di alcune personalità e di alcuni luoghi della Terra, spesso messi a margine dal Cristianesimo macchiato di colonialismo. Non ci perderemo, qui, nella vana e terrena scommessa dei nomi, ma vogliamo soltanto delineare come l’attenzione globale di questo pontefice abbia segnato cambiamenti all’interno della geopolitica ecclesiastica.
Non troverete qui ipotesi sui futuri papi, ma solo una veloce mappatura di alcune scelte fatte da Francesco, profondamente interessanti per il domani della Chiesa. Spesso sentiamo nominare il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa nella Repubblica Democratica del Congo, visitata nel 2023 da Francesco, il quale – proprio durante quella visita – aveva denunciato il «colonialismo economico schiavizzante». Spesso sentiamo citare il cardinale Tagle, arcivescovo di Manila, definito da alcuni «il Bergoglio asiatico». Vogliamo aggiungere a questi nomi, solo per conoscenza, pochi altri. Iniziamo da Kigali City. Fra le nomine bergogliane da mettere in risalto, c’è quella di un arcivescovo del Ruanda, un Paese che ha attraversato una storia devastante, segnata dal genocidio. Oggi quell’area è notevolmente migliorata, ma ha ancora tanto bisogno di medicare le sue ferite. Per cui il cardinale Kambanda ha avuto, per volontà di papa Francesco, dinanzi a sé, una sfida complicata nella tutela delle libertà religiose. Kambanda ha ancora questo difficile compito: distendere un clima ambiguo, così intollerante e incandescente, nonostante l’apparente calma. Sono tante le contraddizioni della zona da cui proviene: Kigali, la capitale, nel distretto di Gasabo, ha hotel a cinque stelle, zone economiche ricchissime e un notevole aeroporto internazionale.
L’ammodernamento è, di certo, il dato che balza agli occhi, ma c’è anche un lato nascosto di questo processo di riqualificazione ed è quello che interessa la metà della popolazione, con interi quartieri popolari a rischio di essere abbattuti per lasciar posto all’agio, sfrattando perfino i poveri delle baraccopoli. Una nomina significativa è stata quella degli Usa con il cardinale afroamericano Gregory (arcivescovo di Washington), il quale rappresenta anche un’evidente linea di discontinuità rispetto alla maggioranza dei vescovi bianchi in America, spesso molto scettici verso Francesco. Il Washington Post, all’elezione di Gregory, mise in evidenza, in più articoli, che si trattava del primo cardinale afroamericano: una vera sfida, anche oggi, al razzismo crescente nell’America di Trump. E che dire del nuovo patto sociale – voluto da Francesco - in Cile? Nel marzo 2019, Bergoglio scelse Celestino Aós, filosofo, teologo e anche psicologo, con una lunga esperienza nella giustizia ecclesiastica. Aós vive in Cile, ed è stato Amministratore Apostolico per Santiago, pur essendo nato in Spagna. Francesco lo designò arcivescovo della capitale cilena, e, in questa veste, ha dovuto accompagnare diverse comunità segnate dalla profanazione e dall’incendio di luoghi di culto. «Credo che debbano verificarsi cambiamenti profondi, ma i cambiamenti profondi non riguardano solo gli edifici e le strutture governative, ma le persone. È indubbio che si debbano cambiare la Costituzione e certe strutture qui in Cile, ma è altrettanto indubbio che si debba cambiare la persona, che è disposta a dare alle fiamme un bene pubblico o a insultare l’altro. Occorre un nuovo patto sociale», dichiarò il cardinale Aós, recandosi a La Asunción, subito dopo l’incendio di quella Chiesa. E ancora l’Asia… Monsignor Cornelius Sim, è un cardinale del Brunei. Disse: «La nostra è una Chiesa nascosta, non chiassosa; piccola come una Fiat 500, ma viva e che basa il suo apostolato soprattutto sulla scuola e sull’aiuto ai migranti». Il Brunei, pur essendo fra le più piccole Chiese del sud-est asiatico, è un simbolo verso quell’attenzione all’Asia portata avanti da un gigante come Bergoglio.
















