Giovanna Laguardia
Si chiama «lenticchia di Altamura» ma ha un cuore lucano. E non solo perché nove dei diciannove paesi che compongono il suo areale di coltivazione si traviano in Basilicata, ma anche perché il primo presidente del neonato consorzio di tutela è il lucano Antonio Nisi. «I pugliesi - dice il neo presidente - mi hanno stupito in positivo per aver voluto attribuire la prima presidenza alla Basilicata, dimostrandosi lontani da qualunque forma deleteria di campanilismo. Attualmente i due terzi delle produzioni si trovano in territorio lucano, anche se i comuni lucani sono in minoranza rispetto a quelli pugliesi. L’importanza di questa coltivazione è fondamentale se si pensa che come Paese siamo grandi importatori di lenticchie dal Canada e dalla Turchia. In Canada, però, dato il clima, i legumi non riescono a maturare sulla pianta e vengono sottoposti a trattamenti chimici. Il clima dell’Alta Murgia e dell’Alto Bradano, invece, è estremamente favorevole e le lenticchie riescono a mantenere tutto il sapore e tutti gli elementi nutritivi. Come consorzio dovremo valorizzare sempre di più il prodotto e vigilare sulle operazioni di agro-pirateria che sono sempre dietro l’angolo».
Ma, se la principale produzione è lucana, come mai la denominazione è pugliese? «La lenticchia - spiega Nisi - prende la denominazione di Altamura anche perché dalla documentazione storica raccolta per ottenere l’indicazione geografica protetta si evince che già negli anni ‘30 e ‘40 del secolo scorso da Altamura si esportavano lenticchie in Nord America. Per quanto riguarda la Basilicata, invece, la coltivazione della lenticchia è sempre stata orientata verso una produzione per consumo familiare».
Un nuovo prodotto, dunque, viene ad arricchire il pacchetto dei prodotti agricoli lucani di eccellenza. Una nuova opportunità per gli agricoltori? «Due anni fa la superficie coltivata a lenticchia di Altamura era di 100 ettari, lo scorso anno di 500 ettari, nella semina in corso si parla di 10.000 ettari. Sicuramente è una grossa opportunità, soprattutto considerando il fatto che si tratta di una leguminosa, che va benissimo in turnazione con i cereali, ed arricchisce il terreno essendo fissatrice di azoto». Ma c’è anche un altro aspetto da non sottovalutare, ed è quello economico. La zona in cui viene coltivata la lenticchia Igp, infatti, è da sempre considerata come il «granaio» della Basilicata. Ma quest’anno il prezzo del grano è stato fonte di gravi tribolazioni per gli agricoltori della Basilicata. «Con il prezzo del grano a 20 euro - conferma Nisi - e quello della lenticchia a 100 auro al quintale, il confronto è presto fatto, anche perché i costi di produzione grosso modo si equivalgono. Intendiamoci. Non è che la lenticchia sia la panacea per tutti i mali, ma sicuramente può essere una valida alternativa alle produzioni tradizionali».
















