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Due pistole nei pressi del covo di Provenzano

Due pistole nei pressi del covo di Provenzano

 

Sabato 15 Aprile 2006, 00:00

02 Febbraio 2016, 19:26

PALERMO - Il boss Bernardo Provenzano aveva a disposizione due pistole nel covo in cui si nascondeva nelle campagne di Corleone. Le armi sono state trovate dagli agenti della polizia scientifica durante i controlli effettuati attorno alla masseria, dove l'11 aprile è stato arrestato il vecchio padrino.
Gli inquirenti hanno inviato le pistole ai laboratori della scientifica per accertare se siano state utilizzare in qualche omicidio. Il controllo da parte dei tecnici dell'Ert, il gruppo Esperti ricerca tracce, attorno alla masseria di contrada Montagna dei Cavalli proseguirà anche nei prossimo giorni.
Non sono solo le due pistole l'unica novità che emerge dall'inchiesta che ha portato alla cattura di Provenzano. Momenti di «frizione all'interno della sua famiglia di sangue» sono stati registrati fin dal giugno 2005. In un rapporto trasmesso ai pm della Dda di Palermo, gli investigatori spiegano di avere avuto la certezza oltre che dell'esistenza «in vita» del latitante anche di alcuni momenti di tensione tra i familiari di Provenzano, determinati, «prevalentemente ma non esclusivamente, da questioni di interesse». Un ruolo di «diretta mediazione» in queste controversie familiari sarebbe stato svolto da Carmelo Gariffo, nipote del capomafia.
Nel rapporto inviato dalla polizia ai magistrati vengono analizzati ruoli delle persone direttamente coinvolte nella gestione dell'ultimo periodo di latitanza del padrino: in particolare Giuseppe e Calogero Lo Bue, padre e figlio, e il pastore Bernardo Riina, tutti e tre arrestati dalla polizia per favoreggiamento. Gli investigatori dello Sco e della Squadra mobile ricostruiscono, tappa dopo tappa, i 42 giorni che sono stati necessari per identificare prima i «postini» che recapitavano i messaggi al boss e poi per localizzare il covo dove si nascondeva il capo di Cosa Nostra.
«Una volta individuato in Giuseppe Lo Bue l'ultimo anello della catena ideale che legava Provenzano ai suoi familiari - scrivono gli investigatori - si avviavano le indagini per individuare gli ulteriori passaggi. Il 4 marzo scorso veniva individuato il tramite successivo a Giuseppe Lo Bue che era il padre, Calogero Lo Bue». Da questo momento gli agenti dello Sco e della Squadra mobile seguono i movimenti dell'uomo che poi conduce i poliziotti a Bernardo Riina, l'uomo arrestato nei giorni scorsi per favoreggiamento a Provenzano, l'unico ad arrivare direttamente fino al covo del latitante.
Nel carcere di Terni, intanto, Bernardo Provenzano oltre a meditare sulla fine della sua latitanza, durata 43 anni, sembra avvertire il bisogno di un conforto spirituale. Il boss ha chiesto infatti di poter incontrare padre Rino Morelli, il cappellano dell'istituto penitenziario. Il colloquio potrebbe svolgersi domani, quando il sacerdote celebrerà la tradizionale messa di Pasqua nella casa circondariale. Un rito al quale non parteciperà comunque Provenzano, che nella sua cella, nel settore riservato ai detenuti sottoposti al 41 bis, si trova in isolamento, video sorvegliato 24 ore su 24, senza tv, radio, libri o giornali.
Padre Rino, da quanto si apprende, potrebbe però recarsi personalmente a incontrare il capo di Cosa nostra. L'anziano boss corleonese sarebbe legato alla lettura della Bibbia. Nel volume che portava sempre con sè aveva segnato diversi versetti e ha scritto alcune frasi. Nel casolare di contrada Montagna dei Cavalli gli agenti hanno trovate altre cinque Bibbie che sembrano non essere state mai utilizzate. E' possibile che si tratti di regali da parte dei suoi picciotti.
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