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Gloria e onore al «Blasco»  Gran Pascià del Mare Jonio «Ho scelto la Puglia per tornare a cantare»

Gloria e onore al «Blasco»  Gran Pascià del Mare Jonio «Ho scelto la Puglia per tornare a cantare»

 
Gloria e onore al «Blasco»  Gran Pascià del Mare Jonio «Ho scelto la Puglia per tornare a cantare»

Sabato 08 Settembre 2012, 11:58

03 Febbraio 2016, 01:32

ALBERTO SELVAGGI

Ciao, Vasco Rossi. Anzi, buonanotte. Ti scrivo da un appartamento nel centro del capoluogo della Puglia, e di qua vedo – ogni mattina da un po’ – una barbona stramazzare al suolo e coprirsi di stracci nel delirio del sonno. Vedo due caviglie dritte come mani giunte fuoriuscire dal fagotto che le pesa sui polmoni. Per questo penso a te, al tuo volto di eroe sbarcato in casa nostra. Alla tua pelle dura, ai brillanti striminziti che hai per occhi, alla tua voce tossica. Perché ognuno sceglie un ricovero per l’ultimo scorcio della vita sua.

Mai avrei immaginato di vederti sullo Ionio. Che avresti eletto Castellaneta Marina per rimirare le orme magnifiche delle quali hai disseminato il mondo, per lanciare uno sguardo al futuro che riguarda un tal di Zocca.

Vasco, buonanotte. Credo che questo, tra le righe, ti rimproverino i tanti che ti venerano a ragione. Vedono un’anima cruda e nuda, il suo coraggio immane di vivere la vita, acquetarsi lamentosa nel Nova Yardinia in una suite di lusso. Scoprono l’unico rocker che l’Italia abbia avuto - il quale non è certo l’impostato supponente Ligabue - a mollo in talassoterapia ogni giorno. Ascoltano il mito stralunato che lasciò andare il playback a Sanremo pronunciare «sì» in abito da sposo. Osservano il sessantenne già aduso a sniffare salve di «co-ca co-la» impinguire di friselle e pomodorini tarantini «che sanno di pomodoro», tracannare Primitivo di Manduria, esultare «è qui la Costa Azzurra», fare jogging nella bio-riserva castellanetana «che mi dà di Zocca». Digeriscono cioè il grande che disse «no» alle commistioni musicali disgustose di Luciano Pavarotti, menarsela col balletto e il suo Dancing Project, piombare col Jack Pullman nel polo turistico girando video per lanciare «clippini» su Facebook come un beota comune, come un sessantottino diventato padre al tempo del riflusso. E perfino io adesso, che non ho neppure un disco tuo, che ascolto altre cose, ma nutro per te assoluta ammirazione, ti immagino aggirarti per il centro Kalidria coi capelli moribondi, inforcare occhiali a foggia di chitarra solid-body, ciucciare la sigaretta elettronica anti-fumo come un vizzo pupo.

Tu non sei stato soltanto un Artista. Sei stato la rappresentazione del canone occidentale applicato alla vita dalla letteratura. Uno tra i pochi a non tradire se stesso e i fiori del male della società nuova, a restare vero fino alla scarnificazione. Uno «salvato e tenuto in piedi dagli psicofarmaci», e Dio li benedica con le droghe per le canzoni che ci hanno portato in dono. Uno balzato sul palco con urlo di guerriero. E di fronte a tale meraviglia i devoti ti hanno celebrato come Uomo, prima che come poeta di una musica intrinsecamente didascalica e ideologica. È tutto qui il problema che si consuma sulle rive dei Tessali, il cruccio che cova dietro le risse coi fan sui social network, i proclami azzardosi in favore dell’Ilva, le scuse agli operai offesi, il dietro-front nei giudizi sulla Puglia che un tempo ti pareva «un cesso» in forma lunga.

Oggi 8 settembre – data eloquente quanto un’illuminazione – verrai celebrato al Nova Yardinia con l’evento «Dj project», nella discoteca Cromie, da dieci draghi alla consolle. Comparirai a braccia levate salutando i 5000 spettatori. Perché sei il Pascià dello Ionio. Ma spossessato delle stimmate che fecero dell’ordinario realtà miracolosa. Il re è morto, viva il re!, gridavano i cavalieri nelle saghe bretoni o di Artù. Il Blasco è morto, viva il Pascià dello Ionio! E che Iddio conservi a lungo questo Uomo Nuovo.

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