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Gli dei dell’Olimpo nell’arte (mitologia greco-romana)

Gli dei dell’Olimpo nell’arte (mitologia greco-romana)

 
Nicola Alltini

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Nicola Alltini

Mercoledì 01 Febbraio 2017, 14:46

Il politeismo antropomorfico delle civiltà mediterranee precristiane, contrapposto alla religione monoteistica del popolo ebraico, era imperniato sul culto di dei ai quali furono attribuite non solo forme fisiche umane, ma anche volubilità di carattere e senso di vendetta; culto che scaturì dal bisogno di creare un ponte tra il mondo umano e quello divino, ricorrendo a interessanti miti intorno all’origine del mondo, al destino dei mortali, alle forze dominanti lo sviluppo degli eventi, in connessione a riti propiziatori per il benessere individuale e comunitario. Per il popolo greco il sentimento religioso era così vivo che ogni atto della vita pubblica e privata era pervaso da una profonda fede verso gli dei dell’Olimpo. Ma non meno che in Grecia, il bisogno del divino era diffuso anche nel popolo romano, ne guidò gli atti, ne animò l'azione, ne purificò le passioni e i moti dell'anima: la voce degli dei scendeva nel loro cuore come la voce maestosa di esseri onnipotenti che nulla dovessero negare a chi ardentemente li supplicasse. La vita spirituale gravitava at-torno ad una coscienza severa di diritti e doveri di ciascuno, rapportati all'ordinamento etico-giuridico della società. In onore degli dei si celebravano, in ogni periodo dell’anno, feste e giochi aventi carattere di particolare solennità. I più famosi erano i giochi olimpici, che si disputavano ogni 4 anni: una corona di alloro era il premio offerto al vincitore; ma onori consacrati da artisti e poeti ne rendevano immortale il nome, invocato al pari di un semidio, e come tale destinato nei Campi Elisi, il paradiso delle anime morte. A cementare l’unità morale dell'Ellade e di Roma contribuirono le istituzioni di santuari e templi maestosi, tuttora patrimonio dell’umanità grazie all’eccezionale stato di conservazione delle opere esistenti. Sia gli affreschi che le pitture su tavole dell'antica Grecia sono andate perdute; al contrario, della pittura romana ci sono rimaste moltissime opere, mirabilmente conservate, soprattutto quelle che adornano i muri di Ercolano, Stabia e Pompei, le tre città sepolte (nel 79 d.C.) dall'eruzione del Vesuvio, ma i cui autori ci sono completamente sconosciuti. I maestri della pittura rinascimentale e del Seicento, in particolare Tiziano, Rubens e Poussin, hanno dipinto tele in cui il mondo mitologico greco-romano è temperato da immagini sensuali e paesaggi invasi da un’atmosfera luminosa e serena, celebrativa dell’immensità della natura. Bari, novembre 2015 Nicola Altini
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